Onorevoli Deputati! - L'intervento normativo proposto interviene sulla delicata materia delle intercettazioni.
      Obiettivo della riforma è quello di contemperare le necessità investigative, le esigenze di pubblica informazione in occasione di vicende giudiziarie di pubblico interesse, il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento. Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono infatti valori tutelati, oltre che dalla Carta costituzionale repubblicana (articoli 13 e 15), anche dagli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
Sotto il primo profilo, non vi è dubbio che lo strumento della captazione di conversazioni e comunicazioni, anche telematiche, costituisca uno dei cardini dell'attività investigativa.

 

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      La maggior parte delle intercettazioni (telefoniche, ambientali e di altro genere) viene disposta nell'ambito di indagini di competenza delle direzioni distrettuali antimafia: lo strumento captativo è infatti indispensabile a fini di accertamento e repressione dei reati di maggiore gravità, quali quelli concernenti le organizzazioni mafiose o il terrorismo. Vero è che il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova è assai più limitato negli altri Paesi a democrazia avanzata, ma è pur vero che essi non conoscono i fenomeni di diffusa pervasività e gravissima pericolosità delle organizzazioni di stampo mafioso che affliggono invece vaste zone dell'Italia.
      Si è ritenuto pertanto, sotto questo versante, di limitare l'intervento normativo ad alcune modifiche volte in primis a rendere più pregnante l'obbligo di motivazione del decreto di proroga delle intercettazioni, ed in secondo luogo a disciplinare più dettagliatamente la loro durata e le modalità di esecuzione. Particolare rilevanza ha sotto tale aspetto la tendenziale limitazione a tre mesi delle proroghe delle intercettazioni, superabili solo in presenza di precisi requisiti.
      Connessa a tale previsione è l'istituzione del funzionario responsabile delle intercettazioni, nominato dal procuratore della Repubblica. Il predetto funzionario deve periodicamente comunicare al capo dell'ufficio l'elenco delle intercettazioni che superano la durata di tre mesi, onde consentire allo stesso di essere costantemente al corrente della mole di intercettazioni in corso presso la struttura da egli diretta e di esercitare i compiti di vigilanza connessi alla sua funzione.
      Sotto il profilo della tutela della riservatezza, garantita dalla Costituzione, si è ritenuto di intervenire su due fronti; si è, difatti, previsto che le operazioni di intercettazione avvengano presso centri di intercettazione istituiti presso ogni distretto di corte d'appello, laddove le operazioni di ascolto avverranno presso le competenti procure della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini. Tale modifica, che interviene sull'articolo 268, comma 3, del codice di procedura penale, consentirà inoltre un risparmio di spesa elevatissimo.
      Sotto il medesimo profilo si è altresì ritenuto di dover diversamente regolamentare il regime dell'acquisizione al procedimento delle conversazioni intercettate, in guisa tale che le conversazioni intercettate non utili alle indagini rimangano coperte da segreto e non abbiano mai ingresso fra gli atti conoscibili. Detta tutela viene in particolare assicurata attraverso la progressiva «scrematura» (ad opera prima del pubblico ministero, poi del giudice per le indagini preliminari) delle conversazioni ritenute irrilevanti, che vengono custodite in apposito registro riservato e secretate.
      In tema di pubblicità degli atti di indagine e delle intercettazioni telefoniche si è operato in modo da garantire il diritto dei cittadini ad essere informati e della libera stampa ad informare, senza che ciò si traduca in un pregiudizio per le indagini ovvero in una indebita propalazione di notizie riservate, soprattutto se relative a terzi estranei al procedimento penale.
      In tale senso, si sono previste autonome fattispecie criminose per l'illecita divulgazione di notizie relative ad atti del procedimento penale coperti da segreto e l'accesso illecito ai medesimi atti; è stata, infine, prevista una specifica sanzione amministrativa per la pubblicazione di dati personali in violazione delle disposizioni previste dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (cosiddetto «codice della privacy») e dal codice di deontologia, la cui applicazione è rimessa al Garante per la protezione dei dati personali.
      La riforma proposta si compone di quindici articoli.
      L'articolo 1 apporta modifiche all'articolo 114 del codice di procedura penale. Esso va letto unitamente agli articoli 329 e 329-bis.
      Con l'intervento proposto, il regime della riservatezza delle indagini risulta articolato come segue.
      Le intercettazioni telefoniche non acquisite da parte del giudice sono sempre
 

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coperte da segreto (articolo 329-bis, come introdotto dall'articolo 8 del disegno di legge), così come gli atti di cui l'indagato o il suo difensore non abbiano conoscenza (articolo 329, comma 1).
      Tale norma in realtà contempla una forma di segreto diversa da quella prevista dall'articolo 329. Quest'ultimo, infatti, concerne il cosiddetto «segreto istruttorio», mentre la norma introdotta prevede una forma di segreto volto a tutelare comunque la riservatezza dei soggetti, spesso incidentalmente coinvolti, anche oltre il termine di cessazione del segreto sugli atti del procedimento. A ciò consegue che, relativamente alle conversazioni irrilevanti, per effetto della disposizione di cui al comma 1 dell'articolo 114 (rimasta invariata), vige sempre il divieto di pubblicazione, anche parziale, per riassunto e nel contenuto.
      L'articolo 1, comma 1, lettera a), sostituisce il comma 2 dell'articolo 114, disponendo che è fatto divieto di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ovvero delle investigazioni difensive, fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare. Resta la possibilità di pubblicazione degli atti di indagine nel loro contenuto. Rispetto all'attuale formulazione, si è ritenuto di rendere simmetrico il divieto di pubblicazione per le parti, estendendolo anche alle indagini difensive.
      La lettera b) introduce un comma 2-bis all'articolo 114, e stabilisce che per tutte le conversazioni, anche non coperte da segreto, è fatto divieto di pubblicazione, anche nel contenuto, fino alla conclusione delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare. La norma rappresenta una novità volta a rendere più stringente il divieto di pubblicazione delle conversazioni intercettate rispetto alle altre attività di indagine, in quanto fonte principale di propalazione di notizie e circostanze afferenti la vita privata di soggetti spesso accidentalmente coinvolti.
      Si introduce, altresì, un comma 2-ter nell'articolo 114, ove si precisa che è vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, dei provvedimenti emessi in materia di misure cautelari (che atti di indagine non sono); di tali provvedimenti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta ad indagini ovvero il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza; ciò al fine di rendere effettivo il controllo, anche della pubblica opinione, sulle ragioni dell'esercizio del potere di privazione della libertà personale ovvero di sequestro da parte dell'autorità giudiziaria, ma solo dopo che la persona sottoposta ad indagini sia stata posta in grado di conoscere le accuse mosse a suo carico.
      L'articolo 1, comma 1, lettera c), sostituisce l'attuale comma 3 dell'articolo 114, aggiornandolo alla luce dei contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 59 del 20-24 febbraio 2005; si prevede infatti che «se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo del pubblico ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. È sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni».
      Per la parte sanzionatoria, si rinvia ai successivi articoli 11 e 12.
      La lettera d) riproduce sostanzialmente il comma 7 dell'articolo 114, prevedendo una generale pubblicabilità nel contenuto degli atti non più coperti da segreto, salve le eccezioni dianzi evidenziate.
      L'articolo 2 modifica l'articolo 267 del codice di rito, relativo ai presupposti e alle forme del provvedimento.
      In particolare, la norma proposta prevede un tendenziale limite alle proroghe delle intercettazioni, fissato in tre mesi (ossia la metà del termine ordinario di durata delle indagini preliminari), superabile qualora siano emersi nuovi elementi di indagine anche desunti dai contenuti di conversazioni intercettate nel medesimo procedimento. Tali elementi debbono essere chiaramente indicati nel provvedimento di proroga.
      Si prevede, poi, un tendenziale limite a due proroghe per le intercettazioni tra presenti, salvo che siano emersi nuovi elementi, anche desunti dai contenuti delle
 

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conversazioni intercettate, che rendano necessaria la prosecuzione delle operazioni.
      L'articolo 3 modifica l'articolo 268 del codice, introducendo una profonda innovazione relativamente agli impianti da utilizzare per lo svolgimento delle operazioni di intercettazione ed armonizzando il residuo contenuto del testo con gli articoli successivi. In particolare, viene previsto dal novellato comma 3 che le operazioni di registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di impianti installati e custoditi in centri di intercettazione telefonica da istituirsi presso ogni distretto di corte d'appello.
      Le operazioni di ascolto delle conversazioni saranno invece compiute mediante gli impianti installati presso la procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini.
      Tale disciplina è volta a concentrare le operazioni di captazione ed ascolto nel minor numero di strutture possibile, onde ridurre i soggetti che possano avere accesso alle informazioni riservate da esse emergenti e garantire il miglior livello di sicurezza nella acquisizione e nel trattamento dei dati.
      Gli articoli 4 e 5 rispettivamente introducono gli articoli 268-bis, 268-ter, 268-quater, 268-quinquies, 268-sexies e riformulano l'articolo 269 del codice di procedura penale.
      La riservatezza dei soggetti coinvolti nelle intercettazioni viene assicurata attraverso un intervento diretto sul procedimento delineato dall'articolo 268 del codice di procedura penale. La sequenza procedimentale del deposito e della eliminazione del materiale irrilevante viene modificata, attribuendo prima al pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di selezionare le intercettazioni da acquisire. La procedura prevista è la più snella possibile, non prevedendosi un'apposita udienza, che avrebbe comportato un inutile appesantimento ed allungamento dei tempi procedimentali (con violazione del precetto costituzionale della ragionevole durata del processo), bensì una facoltà del giudice di «sentire le parti, ove necessario, senza formalità».
      Viene comunque adeguatamente garantito il diritto di difesa, attraverso la previsione dell'interlocuzione del difensore, che può chiedere al giudice l'integrazione delle acquisizioni.
      In particolare, si prevede (articolo 4, comma 1, che introduce l'articolo 268-bis) che al termine delle operazioni (salvo che il giudice non autorizzi il cosiddetto «ritardo del deposito») il pubblico ministero debba depositare in segreteria, unitamente ai decreti di autorizzazione e proroga, i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni che ritiene rilevanti ai fini delle indagini, indicando le ragioni della rilevanza di essi; tutti gli altri atti relativi alle intercettazioni, ossia quelli irrilevanti in quanto «riguardanti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini», ovvero quelli di cui è vietata l'utilizzazione, devono invece confluire nell'archivio riservato.
      Ai difensori delle parti è dato immediatamente avviso che, entro il termine stabilito, hanno facoltà:

          a) di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi nell'archivio riservato;

          b) di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle custodite nell'archivio riservato;

          c) di indicare specificamente al giudice le conversazioni non depositate delle quali chiedono l'acquisizione, enunciando le ragioni della loro rilevanza;

          d) di indicare specificamente al giudice le conversazioni depositate che ritengono irrilevanti o inutilizzabili.

      Scaduto il termine, il giudice dispone con ordinanza l'acquisizione delle conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è vietata l'utilizzazione. Il giudice può sempre esaminare, se lo ritiene necessario, gli atti custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 89-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale,

 

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di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
      La documentazione depositata della quale il giudice non ha disposto l'acquisizione è immediatamente restituita al pubblico ministero e custodita nell'archivio riservato sopra indicato.
      Si prevede poi l'applicazione, nei limiti della compatibilità, della anzidetta normativa ai dati relativi al traffico telefonico.
      La selezione preventiva della documentazione rilevante, prima ad opera del pubblico ministero e successivamente ad opera del giudice, riduce i rischi di divulgazione dei contenuti delle intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del diritto di difesa dell'imputato, al quale viene riconosciuta la facoltà di prendere cognizione di tutta la documentazione, compresa quella che il pubblico ministero ha ritenuto non rilevante, e di indicare al giudice le conversazioni in relazione alle quali reputi necessaria l'acquisizione.
      La nuova disciplina si caratterizza, inoltre, per l'istituzione di un apposito archivio riservato (articolo 89-bis delle norme di cui al citato decreto legislativo n. 271 del 1989, introdotto dall'articolo 10 del disegno di legge) nel quale il pubblico ministero deve custodire i verbali e le registrazioni ed il cui accesso è consentito ai difensori delle parti solo per la verifica della completezza del materiale acquisito e per la eventuale richiesta al giudice di integrazione.
      La documentazione relativa alle intercettazioni non rilevanti è custodita nell'archivio riservato fino alla decisione non più soggetta ad impugnazione ed è coperta da segreto (articolo 329-bis), con conseguente divieto di pubblicazione (articolo 114, comma 1).
      Nel medesimo archivio sono destinati a confluire anche i verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni rilevanti, una volta effettuata la trascrizione. È stata infatti ridisegnata la procedura di trascrizione delle conversazioni nelle forme della perizia (articolo 268-ter, come introdotto dall'articolo 4, comma 1), prevedendosi che, appena concluse le operazioni, i verbali e le registrazioni siano immediatamente ricollocati nell'archivio riservato, mentre le trascrizioni confluiranno nel fascicolo per il dibattimento. Si prevede altresì (e ciò vale anche per le trascrizioni effettuate dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari al fine di presentare le proprie richieste al giudice, ex articolo 268-quater) il divieto di trascrizione di quelle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini, e che il giudice disponga che i nominativi e i riferimenti identificativi, di soggetti estranei alle indagini, siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio all'accertamento dei fatti per cui si procede.
      È stato regolamentato (articolo 268-quater, come introdotto dal comma 1 dell'articolo 4) in forma analoga al meccanismo procedurale dell'acquisizione delle intercettazioni fin qui descritto, il caso in cui il pubblico ministero richieda al giudice provvedimenti cautelari nel corso delle indagini preliminari, precedentemente, cioè, alla formale acquisizione dei risultati delle intercettazioni.
      Si è previsto che il pubblico ministero possa presentare al giudice solo le conversazioni che considera rilevanti, e che il giudice debba restituire quelle ritenute non rilevanti. Si prevede, altresì, che dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza del provvedimento, si applica la disposizione di cui al comma 8 dell'articolo 268-bis, che consente ai difensori di estrarre copia delle conversazioni di cui è stata disposta l'acquisizione.
      È stata, infine, prevista e disciplinata la facoltà di accesso all'archivio riservato da parte del giudice, d'ufficio ovvero a richiesta di parte, anche nel corso dell'udienza preliminare e successivamente alla chiusura delle indagini preliminari.
      L'articolo 268-quinquies (comma 1 dell'articolo 4) disciplina le ipotesi in cui l'ascolto e l'acquisizione delle conversazioni vengano disposte dal giudice dopo la conclusione delle indagini preliminari.
      Si prevede che dopo la chiusura delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare
 

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il giudice, ai fini della decisione da adottare, può sempre disporre anche d'ufficio l'esame dei verbali e l'ascolto delle registrazioni custodite nell'archivio riservato previsto dall'articolo 89-bis delle norme di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. All'esito può disporre con ordinanza motivata l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.
      Nel corso del dibattimento, il giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta delle parti, l'acquisizione delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le garanzie della perizia.
      L'articolo 268-sexies (comma 1 dell'articolo 4) prevede, infine, che dopo la chiusura delle indagini preliminari debba essere dato avviso in piego chiuso ai soggetti titolari delle utenze sulle quali sia stato emesso decreto di intercettazione, se diversi da quelli nei confronti dei quali si procede, dell'avvenuta esecuzione nei loro confronti delle operazioni di intercettazione. Tale norma consente ai menzionati soggetti di avere contezza di ogni intercettazione effettuata a proprio carico, anche qualora alla stessa consegua l'emissione di un decreto di archiviazione.
      L'avviso non viene inviato nei seguenti casi (comma 3):

          a) nei casi in cui si procede per i reati indicati agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonché agli articoli 600-ter e 600-quinquies del codice penale;

          b) se dagli atti di indagine risulti che l'utenza è stata comunque utilizzata da persone sottoposte ad indagine ovvero da indagati in procedimenti connessi o collegati;

          c) se taluna delle conversazioni intercettate sulle utenze di cui al comma 1 sia stata acquisita al procedimento.

      L'articolo 5, nel riformulare l'articolo 269 del codice di procedura penale, prevede che il giudice disponga la distruzione della documentazione custodita nell'archivio riservato successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, ovvero decorsi cinque anni dal deposito del decreto di archiviazione (comma 1).
      Si prevede inoltre (comma 2) che, anche prima del decorso dei termini anzidetti, gli interessati possano chiedere la distruzione della documentazione non rilevante per il procedimento. In tale caso il giudice, prima di decidere, deve acquisire il consenso delle parti.
      Gli articoli 6 e 7 adeguano alla nuova disciplina, rispettivamente, l'ipotesi di trasmissione ad altra autorità giudiziaria delle intercettazioni per l'utilizzabilità in altro procedimento (articolo 270) e la normativa in tema di intercettazioni finalizzate alla ricerca dei latitanti prevista dall'articolo 295 del codice di procedura penale.
      L'articolo 8 prevede che i verbali, le registrazioni e tutta la documentazione custodita nell'archivio riservato e non acquisita al procedimento siano sempre assoggettati al segreto. Si è ritenuto di prevedere tale disciplina con norma autonoma rispetto a quella dell'articolo 329 del codice di procedura penale, già disciplinante la materia del segreto in corso di indagine; ed invero tale scelta è apparsa più opportuna per meglio evidenziare la differente natura del segreto inerente gli atti contenuti nell'archivio riservato (volto a tutelare la riservatezza dei soggetti intercettati) rispetto al segreto di indagine (volto invece a tutelare il corretto andamento delle attività investigative). Tale diversità si evidenzia, poi, nella maggiore durata del segreto posto a tutela della riservatezza, il quale si protrae anche oltre il termine delle indagini preliminari e copre l'intera permanenza della suddetta documentazione all'interno dell'archivio riservato.
      Gli articoli 9 e 10 recano modifiche all'articolo 89 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (decreto legislativo n. 271 del 1989) e vi introducono l'articolo 89-bis. Le due disposizioni disciplinano l'istituzione e la tenuta dell'archivio

 

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riservato delle intercettazioni, nonché la figura del funzionario responsabile delle intercettazioni, nominato dal procuratore della Repubblica; è previsto, inoltre, che l'archivio in questione venga tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza del procuratore della Repubblica, con modalità tali da assicurare la segretezza della documentazione in esso contenuta.
      In particolare, il funzionario responsabile dovrà comunicare ogni due mesi al procuratore della Repubblica l'elenco delle operazioni che si protraggono da oltre tre mesi; tale disposizione è stata prevista per consentire al capo dell'ufficio giudiziario di essere costantemente al corrente della mole di intercettazioni in corso presso la struttura da egli diretta e rendere attuabile il suo consapevole controllo sulle predette attività, anche sotto il profilo delle spese affrontate per realizzarle.
      L'articolo 11, comma 1, lettera a), riformula l'articolo 379-bis del codice penale («Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale»); la nuova formulazione della norma sanziona con la reclusione da sei mesi a tre anni la condotta di «chiunque riveli indebitamente notizie inerenti atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità, o ne agevoli in qualsiasi modo la conoscenza».
      Ove l'agevolazione sia soltanto colposa, le pene sono considerevolmente diminuite, mentre se la condotta è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio le pene sono aumentate.
      In tale modo, si è approntata una tutela penale fondata sull'accesso «qualificato» ad atti del procedimento penale, configurando pertanto il reato in esame come reato «proprio» (ad esempio anche del difensore o dell'investigatore privato incaricato delle investigazioni difensive); la previsione della circostanza aggravante a carico del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio (magistrato, suoi ausiliari, agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, perito), che impone un trattamento sanzionatorio più grave in ragione della violazione dell'obbligo di fedeltà del pubblico dipendente, pone la norma in esame in termini di specialità rispetto alla norma generale di cui all'articolo 326, in quanto limitata ai soli atti delle indagini preliminari.
      Il quarto comma del medesimo articolo riproduce il secondo comma della vecchia formulazione della norma, che sanziona l'inottemperanza all'ordine di non divulgare notizie del procedimento penale impartito al sommario informatore dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale, anche se la sanzione (prevista prima fino a un anno di reclusione) è stata elevata da uno a tre anni.
      La lettera b) dell'articolo in esame introduce, poi, una ulteriore fattispecie di reato (articolo 617-septies del codice penale) volta a sanzionare chiunque prenda illecitamente diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti da segreto; tale formulazione consente di escludere la responsabilità penale di chi si sia limitato a ricevere gli atti di cui sopra, senza concorrere nell'accesso illecito ai luoghi ove gli stessi vengono custoditi.
      In relazione all'articolo 684 del codice penale [il cui testo, con la lettera c), viene armonizzato con i nuovi contenuti dell'articolo 114 del codice di procedura penale] viene, poi, prevista la pena accessoria della pubblicazione della sentenza [lettera d)].
      L'articolo 12 introduce, infine, una specifica sanzione amministrativa (articolo 164-bis del «codice della privacy», di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003) per le condotte di pubblicazione a fini di informazione giornalistica di dati personali in violazione delle disposizioni previste dal codice medesimo e dal codice di deontologia; la sanzione predetta, consistente nel pagamento di una somma da tremila a diciottomila euro, dovrà essere irrogata nei confronti dell'autore della pubblicazione ovvero del direttore o vice-direttore responsabile da parte del Garante per la protezione dei dati personali nell'ambito delle proprie attività istituzionali e potrà anche essere corredata dalla sanzione accessoria della pubblicazione
 

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della decisione, resa obbligatoria nelle ipotesi più gravi. In tali ultimi casi - ovvero quando la comunicazione abbia ad oggetto dati sensibili o riguardanti minori, ovvero risulti reiterata o comunque di particolare gravità - è applicabile nei confronti dei medesimi soggetti la sanzione del pagamento di una somma da diecimila a sessantamila euro.
      Viene, pertanto, approntato un completo apparato sanzionatorio contro le ingiustificate aggressioni alla riservatezza delle notizie custodite nell'archivio riservato più volte menzionato, provenienti sia dall'intraneus sia dall'extraneus, imponendo al contempo sanzioni più efficaci anche nei confronti dell'autore e del responsabile della pubblicazione di dati personali effettuata in violazione delle norme del «codice della privacy».
      L'articolo 13, quindi, prevede l'abrogazione dell'articolo 9 della legge 8 aprile 1974, n. 98. Detta norma, infatti, indica una particolare procedura per l'individuazione di apparecchi o strumenti idonei ad operare intercettazioni di comunicazioni ai sensi del vigente codice di rito ed appare in contrasto con i princìpi comunitari di libera circolazione delle merci, nonché con la specifica normativa del settore degli apparati radio e terminali di telecomunicazione (direttiva 1999/5/CE recepita con il decreto legislativo 9 maggio 2001, n. 269).
      L'articolo 14, poi, chiarisce che le disposizioni processuali introdotte dalla legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore, e che il novellato articolo 268, comma 3, potrà trovare applicazione soltanto decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto del Ministro della giustizia disciplinante l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo articolo 268; l'articolo 15, infine, prevede le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento.
 

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